venerdì, marzo 23, 2007

Silenzio


Oggi è il primo venerdì sera che passo a casa da un bel po' di tempo.
Sono immerso dentro questa pausa di riflessione che, mio malgrado, assomiglia sempre più all'inizio della fine.
La questione peggiore è che non mi sento né vinto né vincitore: non sto esultando con la coppa in mano, ma non sono nemmeno deluso, come quelli relegati all'ultimo posto.

La vita è proprio strana: fino all'altro giorno si progettava, si discuteva, si rideva, si... viveva...
E invece adesso mi rimane questo mio "barattolo di mosche": è da un po' che vorrei aprirlo, per lasciarle volare via, ma forse solo ora mi accorgo che sono tutte morte.

Ho sempre creduto che ci fosse una strada, che ognuno di noi avesse un destino segnato, un progetto immutabile.
Tutte balle.
Il nostro percorso ci appartiene: decidiamo noi dove svoltare, dove rallentare, ed anche dove tornare indietro se necessario.
C'è però un tragitto che nessuno può cambiare, una direzione prefissata, un solco già consolidato: il tempo.
Questa gran brutta bestia ci attanaglia, ci lascia spogli di ogni decisione, ci lascia in balia delle onde, incapaci di remare contro.
Se si potesse tornare indietro.
Dio mio, quante cose cambierei.
Non ho mai creduto a quelli che dicono che non cambierebbero nulla del loro passato: io ne ho mille di cose che vorrei cambiare.

Il tempo lo odio, va bene?

E siccome mi sembra di assomigliare sempre più all'eroe di Miguel de Cervantes, scelgo il buio: preferisco non sapere cosa c'è di vero e cosa c'è di falso.
Ad occhi chiusi ed indifferente.
Addormentarmi in una fresca stanza buia.
Con addosso solo me stesso.
E finalmente, in silenzio.

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Coltiviamo per tutti un rancore
che ha l'odore del sangue rappreso
ciò che allora chiamammo dolore
è soltanto un discorso sospeso