venerdì, febbraio 29, 2008

Angoli


Quando ognuno di noi pensa alla storia, al trascorrere del tempo, allo spazio l'unica figura geometrica che perfettamente rappresenta tale armonia e continuità è il cerchio (o ancora meglio la sfera).
Liscia, senza interruzioni, lineare e ripetitiva al contempo, senza inizio fine, rotonda appunto: pare fatta apposta per descrivere i ricorsi storici, per raggruppare e limitare, quasi avvolgere.
Più o meno vasta, più o meno contenitore di altre realtà, sempre e comunque senza angoli.

Guardando fuori dalla finestra, leggendo qualche quotidiano, spulciando notizie in rete, analizzando gli attuali nostri rapporti umani, o, ancora più, osservando dall'alto questa eterogenea società italiana, noto che negli ultimi anni l'Italia è composta quasi solo da angoli, spigoli appuntiti.
L'angolo è un elemento che per sua natura instaura un punto di svolta, di sosta e ripartenza, di cambio di direzione: per questo potrebbe anche essere considerato positivamente.
Ma troppi angoli generano una confusione immane: le direzioni possibili diventano 10, 100, un milione, senza un flusso comune, senza un obiettivo che appartiene ai molti.
E l'angolo è anche un generatore di incertezza, di paura: non sappiamo cosa c'è lì dietro ad aspettarci.
Non si può programmare alcunchè.
Un futuro costruito così è solo una pausa, in attesa che prima o poi ci sia una calma lineare, rotonda, avvolgente, sulla quale fare affidamento.
Prima inizieremo a smussare tali angoli, prima troveremo solidità: chi sfrutta questo momento di incertezza (sempre più cronicizzato e spacciato per normale) rimarrà con nulla in mano.
In Italia, al giorno d'oggi, non esiste nulla di più rivoluzionario di una sfera: inaggredibile.

Se non agiremo in fretta, ho l'impressione che dietro l'ultimo angolo ci aspetta una cosa sola: una crisi senza ritorno, una forra senza fondo, uno scollamento talmente grave che l'Argentina "ci fa 'na pippa" (cit.).

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